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Il noto autore romano Christian Raimo sarà nostro ospite il 27 febbraio alle ore 18,30 presso la libreria Quodlibet in via Mozzi,23, per presentare il suo ultimo romanzo “La parte migliore” – edito da Einaudi – nel quale, attraverso la storia di una madre e la figlia diciottenne,  ci mostra, senza sconti, quanto cercare la felicità a ogni costo possa essere pericoloso, perché ci fa scordare le nostre fragilità, e se siamo convinti di voler bene a tutti, forse non siamo capaci di amare nessuno. L’incontro realizzato in collaborazione con il Comune di Macerata e la casa editrice Quodlibet, sarà condotto da Mauro Gentili e Simone Vecchioni.

Christian Raimo (1975) è nato a Roma, dove vive e insegna. Ha pubblicato per minimum fax le raccolte di racconti Latte (2001), Dov’eri tu quando le stelle del mattino gioivano in coro? (2004) e Le persone, soltanto le persone (2014). Per Piemme ha pubblicato il saggio-inchiestaHo 16 anni e sono fascista. Indagine sui ragazzi e l’estrema destra. Insieme a Francesco Pacifico, Nicola Lagioia e Francesco Longo – sotto lo pseudonimo collettivo di Babette Factory – ha pubblicato il romanzo 2005 dopo Cristo (Einaudi Stile libero 2005). È fra gli autori di Figuracce(Einaudi Stile libero 2014). Per Einaudi ha inoltre pubblicato Il peso della grazia (2012), Tranquillo prof, la richiamo io (2015), Tutti i banchi sono uguali (2017) e La parte migliore (2018). È redattore di «minima et moralia» e «Internazionale». Dal 2018 è Assessore alla cultura del III Municipio di Roma.

 

«La domanda giusta per chi ha a che fare con una quasi diciottenne non è che cosa ha in testa, ma che cosa ha in corpo».

Cosa tiene insieme una famiglia? Il ricordo di un passato comune e incantato, o la memoria dei dolori che non scemano? A chiederselo sono due donne – madre e figlia – e un padre lontano. Questa diaspora che dura da quindici anni potrebbe interrompersi, se solo imparassero a mettersi in ascolto. Ma il lavoro, la scuola, gli amici e gli amori richiedono sempre piú spazio, sempre piú attenzioni. Solo quando si affaccia la possibilità di una nuova vita, diventa chiaro a tutti che è tempo di fermarsi e parlare.

Leda e Laura sono madre e figlia. La prima ha quarantacinque anni, fa la psicologa e assiste i malati terminali; la seconda non ne ha nemmeno diciotto e va al liceo. Sono due donne determinate e intelligenti, che vivono insieme come fossero sorelle. Un giorno Laura torna a casa da scuola, è agitata, e confessa alla madre che è incinta: a una festa, ubriaca, ha fatto sesso con un ragazzo. «Non ti preoccupare», le dice Leda, la abbraccia, e le promette che la accompagnerà lei stessa in ospedale. Nelle loro giornate tutto si è sempre risolto con facilità, da quando anni prima un incidente doloroso le ha costrette a essere forti e autosufficienti; anche stavolta sarà cosí. Se non fosse che per loro è giunto il momento di fare i conti con le proprie ombre, tra incombenze lavorative impossibili, ribellioni adolescenziali e il mondo che a fatica proviamo ad abitare tutti i giorni. La vita di ciascuno di noi nasconde in controluce tutto ciò che non siamo diventati, quello che – per paura, o per eccesso di amore – non abbiamo avuto il coraggio di dire. Il solo modo per poter essere liberi, sembra suggerirci questo romanzo, è non pensare di essere padroni del proprio destino.

 

 

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