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PAOLO NORI

LA SFIDA RUSSA
DOSTOEVSKIJ contro TUTTI

Sanguina ancora, l’incredibile vita di Fedor M. Dostoevskij

Chi è davvero il più grande scrittore russo di tutti i tempi? Leggere Dostoevskij equivale a una iniziazione e, al contempo, un’avventura che apre una ferita che non smette di sanguinare. “Sanguina ancora” è un ritratto inedito che ci catapulta nella vita avventurosa dello scrittore e nella storia di quella letteratura russa che ha conquistato il mondo.

incontro valido come formazione per insegnanti ed educatori

QUANDO

3 maggio | 21:15

DOVE

TEATRO DELLA FILARMONICA

COME

ingresso libero
senza prenotazione


Paolo Nori, è uno scrittore dallo stile inconfondibile e uno dei maggiori esperti e traduttori di letteratura russa, in Italia. Ha pubblicato numerosi romanzi per le maggiori case editrici nazionali tra cui:  “Le cose non sono le cose”,   “Bassotuba non c’è”, “Diavoli”, “I Malcontenti”, “Pubblici Discorsi” (Quodlibet), “Che dispiacere”, il suo primo giallo, “Mi compro una gilera”, “Baltica 9”. Ha tradotto e curato per Einaudi l’antologia degli scritti di Daniil Charms “Disastri”, l’edizione dei classici di Feltrinelli di “Un eroe dei nostri tempi” di Lermontov e delle “Umili prose” di Puškin. Per UTET ha pubblicato “I russi sono matti. Corso elementare di letteratura russa 1820 – 1921, mentre per Salani  “La grande Russia portatile” . 

Tutto comincia con Delitto e castigo, un romanzo che Paolo Nori legge da ragazzo: è una iniziazione e, al contempo, un’avventura. La scoperta è a suo modo violenta: quel romanzo, pubblicato centododici anni prima, a tremila chilometri di distanza, apre una ferita che non smette di sanguinare. “Sanguino ancora. Perché?” si chiede Paolo Nori, e la sua è una risposta altrettanto sanguinosa, anzi è un romanzo che racconta di un uomo che non ha mai smesso di trovarsi tanto spaesato quanto spietatamente esposto al suo tempo.

Se da una parte Nori ricostruisce gli eventi capitali della vita di Fëdor M. Dostoevskij, dall’altra lascia emergere ciò che di sé, quasi fraternamente, Dostoevskij gli lascia raccontare. Perché di questa prossimità è fatta la convivenza con lo scrittore che più di ogni altro ci chiede di bruciare la distanza fra la nostra e la sua esperienza di esistere. Ingegnere senza vocazione, genio precoce della letteratura, nuovo Gogol’, aspirante rivoluzionario, condannato a morte, confinato in Siberia, cittadino perplesso della “città più astratta e premeditata del globo terracqueo”, giocatore incapace e disperato, marito innamorato, padre incredulo (“Abbiate dei figli! Non c’è al mondo felicità più grande”, è lui che lo scrive), goffo, calvo, un po’ gobbo, vecchio fin da quando è giovane, uomo malato, confuso, contraddittorio, disperato, ridicolo, così simile a noi. Quanto ci chiama, sembra chiedere Paolo Nori, quanto ci chiama a sentire la sua disarmante prossimità, il suo essere ferocemente solo, la sua smagliante unicità? Quanto ci chiama a riconoscere dove la sua ferita continua a sanguinare?