fbpx

abamc_logo_istituzionale-300x226_0Inganni
collettiva degli studenti dell’ABA di Macerata
a cura di Paolo Gobbi

Galleria Mirionima
Durata Esposizione 2 – 8 maggio
Orario di apertura  10,00 – 13,00 e 16,00 – 20,00

Inaugurazione 2 maggio  ore 18,00

opere di
Consolo Maria Rosaria,
Corsalini  Alessia, Eleftheriou  Eleftheria
Evandri  Matteo, Giulioni Alessio,
Lamona Rebecca, Mercorelli Sara, Pantella Irene, Rutkowski Beatrice, Sabbatini Luca, Sacripanti Fausto Nicola, Zhou Xingyu

Se consideriamo le definizioni di “Inganno”, date dai dizionari, troviamo certamente locuzioni negative  come truffa, menzogna, imbroglio, ma anche sinonimi come artificio o illusione, che sono più in corrispondenza con alcuni aspetti della produzione artistica, sia antica che odierna. La consolidata sfida tra il “reale” e la sua emulazione artistica è stata per secoli una costante, soprattutto in Occidente: non solo in Pittura, ma anche in molti linguaggi trasversali, si sono create opere che hanno dato vita a commistioni di ogni tipo e, soprattutto nel Novecento, anche provocatoriamente perturbanti.

L’esperienza che hanno vissuto i partecipanti a questa mostra, realizzata all’interno della rassegna “Macerata Racconta” e nel contesto della didattica di Pittura, si è condensata in una ricerca artistica individuale volta certamente alla definizione delle soluzioni di tipo formale, non privata però di una sua etica responsabilità verso tematiche ambientali e/o sociali. Si è scelto, dunque,  di  lavorare non solo sul versante in ombra dell’inganno, ma anche su quello in piena luce.

I lavori realizzati dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti sono principalmente di pittura, con alcuni sconfinamenti nella tridimensionalità. Proprio utilizzando questa metodica, abbinata alla fotografia, viene creata la prima installazione usando elementi naturali come la frutta, quasi “cristallizzata” in un tentativo assurdo e impossibile di ibridazione genetica. Un altro lavoro viene realizzato con il cibo (finto e vagamente citazionista della scultura pop degli anni ’60/’70) virato, però,  da una forte impronta surreale e kitsch non priva di una presa di coscienza civica su cui farci riflettere.

Con il “cuore pulsante”, offerto a piene mani dall’autrice nella sua tela retro illuminata, inizia la serie dei lavori che rientrano di più nell’alveo della pittura, e sul “cuore” la lista è sicuramente… molto lunga. Sentori surreali si avvertono nelle due tele dove, nella prima, il lavabo si trasforma in ampia piscina e, nella seconda, una stampante digitale  espelle e stampa oniriche e metafisiche composizioni  di oggetti-soggetti.

Il corpo umano, ritratto dalla statuaria classica, occupa lo spazio di altre due tele per confondersi e riemergere dal fondo materico. Nell’altro dipinto, un volto ambiguamente alieno, ci scruta e indaga con il suo silenzioso e inquietante occhio. Invece, la doppia e simmetrica silhouette nera che affiora dal fondo indistinto e cupo è pronta a testimoniare la persistenza di ambivalenze che sono in noi.

Anche il trittico, apparentemente astratto è, invece, composto da silhouette femminili trasformate in porzioni di paesaggio: il confine tra le due percezioni è quindi molto labile.

Indagare lo spazio in cui viviamo, attraverso la “raffigurazione” del paesaggio in modo ambiguo, determina una costante anche di altri due lavori. Nel primo caso la naturale prospettiva viene ribaltata in modo irreale; nel secondo, la materia pittorica, densa ed espressiva, si fa specchio o illusione di una fuga prospettico-architettonica intenzionalmente “non-finita” dall’autrice. Nell’ultimo dipinto, la fisicità della materia, come quella fragile di un vetro, viene resa in modo illusoria dalla pittura. Il vetro è rotto veramente o, come in un classico trompe-l’oeil, viviamo una completa finzione?

Paolo Gobbi