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sl-sarchiScrittrice e traduttrice dall’inglese, esordisce  nella narrativa nel 2007 con dei racconti, ma il suo primo romanzo è del 20012, “Violazione” (vincitore del premio Paolo Volponi Opera prima). Da allora ha pubblicato L’ amore normale nel 2014 (vincitore della XIX edizione del premio internazionale “Scrivere per Amore”) e La notte ha la mia voce nel 2017, tutti e tre con Einaudi. Nelle sue storie ha spesso raccontato il dramma della disabilità di cui è affetta da 14 anni e con questo ultimo romanzo asciutto e splendente, Alessandra Sarchi, racconta un nodo della propria esistenza, affondando con precisione nella sua stessa carne. E rivela il desiderio di vita che, al di là dei limiti del corpo, perdura in ciascuno di noi. Collabora anche con Alias, supplemento culturale de “il manifesto” e con il blog Doppiozero.

«Una scrittrice di grande acutezza. La leggo, la vivo e la condivido».
Luciana Littizzetto

«Certe sue pagine hanno il tocco, la vibrazione di un plein air di Monet».
Daniele Giglioli, La Lettura – Corriere della Sera

«Alessandra Sarchi procede con notevole mobilità espressiva».
Giorgio Vasta, la Repubblica

«Alessandra Sarchi scrive con molta maestria».
Marco Belpoliti, l’Espresso

Una giovane donna ha perso l’uso delle gambe in seguito a un incidente. Abita un corpo che non le appartiene piú e si sente in esilio dal territorio dei sani. Poi incontra la Donnagatto, e il suo modo di guardare se stessa, e gli altri, cambia.

La prima cosa che arriva di Giovanna è la voce: argentina, decisa, sensuale. Fa pensare a qualcuno che avanzi sulle miserie quotidiane come un felino. Ecco perché, fi n da subito, l’io narrante la battezza Donnagatto, sebbene Giovanna sia paralizzata, proprio come lei. Al contrario di lei, però, rivendica il diritto a desiderare ancora, sfi dando l’imperfezione del mondo. La Donnagatto nasconde un segreto, e forse ha trovato una persona cui confessarlo, consegnandole la propria storia. Una storia dove è solo apparente il confi ne tra la condanna e la grazia.

«È di libertà che si dovrebbe parlare, quando si parla di corpi. Ma come si fa, se non ce li scegliamo nemmeno alla nascita? I nostri corpi sono già passato, eredità elargita da chi ci ha generato e preceduto nella tirannia combinatoria dei geni».